Circolare necrologica
Fronte Retro

Anche di sr. M. Pia Vernazza, tra i documenti d’archivio, abbiamo alcuni ricordi delle sorelle che l’hanno conosciuta. Una in particolare, quella scritta da sr. Romana Villa, anch’ella in seguito Madre generale. Pur se l’intenzione della scrivente è tracciare un profilo della Madre ormai scomparsa che rifletta la limpidezza della sua statura morale e spirituale, il tono che prevale è tuttavia quello di giustificare un carattere forse poco effusivo e non abituato ad esprimere sentimenti, sicuramente umanamente meno caldo rispetto a quello che le Suore ricordavano di Madre Angelica e Madre Anacleta.


Ricordo di suor Romana Villa della SS.ma Trinità

Ho avuto il privilegio di assistere la nostra Rev.da Madre generale Suor M. Pia di S. Luigi durante la sua ultima malattia, privilegio che mi ha dato la possibilità di conoscere la bell’anima di Lei.
Si dice che la malattia è tempo di prova, è il collaudo della forza morale, della virtù di un individuo, specialmente quando questa prova non si limita a un malanno che, fatto il suo decorso, se ne va, ma diventa una serie di malattie che si susseguono su un povero fisico già oppresso dal peso di una responsabilità, sostenuta unicamente perché venuta da Dio e che peserà sulle sue spalle e sul suo cuore fino all’ultimo momento. Nel tentativo di dare uno sguardo a ciò che Dio ha fatto in Essa e che ad Essa ha chiesto, cosa che del resto rimane penetrabile solo agli occhi di Dio, bisogna anzitutto considerare la Sua fisionomia morale.
Animo delicatissimo, conosciuta la parte migliore con se stessa non transigeva mai, a qualunque costo. Questa dirittura morale, unita all’amore del vero che gli faceva dire bianco al bianco e nero al nero, gli aveva procurato non pochi oppositori alla sua opera. Alcuni animi mal interpretavano il suo atteggiamento a volte austero, seppur materno, giudicando superbia e altezzosità, ciò che era effetto del suo riserbo o semplicemente espressa sul suo volto la fatica, l’apprensione per il lavoro, il più spesso ingrato, che l’assillava.
Sappiamo difatti che per molti anni, con Madre Anacleta prima, ed ancor più dopo, lavorò molto quasi senza aiuto. Forse qualcuna si sarà dipartita da un incontro colla Rev.da Madre Pia insoddisfatta per un’accoglienza frettolosa e priva di convenevoli, ma nessuna ha contato mai le lettere che partivano dal suo tavolo di lavoro, gli incontri che doveva sostenere, le difficoltà che ogni giorno doveva superare. Certo il suo governo le è stato assai ingrato appunto perché quasi sola e, per giunta, ammalata.
Un altro elemento importante della sua fisionomia morale, è la sua estrema sensibilità. Soffriva di tutto: una cosa che neppur minimamente avrebbe disturbato altri, bastava a farle passare ore di ansietà, di timore, di sofferenza morale. Non poteva star bene se sentiva che altri stavano male. Bastava a volte il mal tempo per soffrire al pensiero di chi doveva subirne gli effetti, specialmente se sapeva esserci qualche Suora per la strada. Se, tenendo presente questa sua sensibilità, si pensa alle molte questioni morali che doveva risolvere, a certe delicate situazioni che, come Madre Generale, doveva affrontare, e si pensa ancora che non tutte le suddite le sono state docili strumenti nelle mani…, se si pensa a tutto questo, ci si può fare una pallida idea di quella che è stata la sofferenza morale del suo spirito, il logorio che l’emotività ha fatto nel suo cuore. “Un cuore da Ministro”, disse il Prof. Bussa l’ultima volta che venne a visitarla; veramente un cuore da ministro il suo, logorato nelle ansietà e nello sforzo morale di superare anche l’insuperabile per stare doverosamente al suo posto.
Certo, Iddio, che ama i Suoi santi, sa mandare loro quanto occorre per purificarli, per dare loro occasioni di ascesa verso l’Alto staccandosi da affetti e appoggi umani. Quante volte, nella sua ultima malattia, proprio in occasione di giornate di maggior gravità del male, si aggiunse all’incomprensione, la freddezza di chi avrebbe dovuto soccorrerla ed aiutarla. Iddio permette, senza colpa di nessuno anche, che si aggiunga dolore a dolore. Più volte la vidi piangere, rassegnata, ma profondamente addolorata.
Luminosissima mi è stato l’esempio della sua pietà. Spiritualizzava ogni cosa, ogni atto, sempre. Quando il polso correva da non poterlo contare «sono più tanti atti d’amore», mi diceva.
Una pietà sentita, frutto di tutta una vita vissuta nell’intimità con l’Ospite divino della sua anima.La pietà era la sua prima cosa; si sentiva di Dio e per Lui erano tutte le sue aspirazioni. Lo dimostrava col suo contegno, con il suo parlare sempre in riferimento a Lui, alla Sua volontà.
Anche quando se ne partì da questa terra, in un modo così repentino, senza dire nulla, senza fare più un cenno o un sospiro, ci confortò il pensiero che Dio l’aveva chiamata a Sé in un momento in cui certamente pensava a Lui. Difatti mangiava l’uva ed era sua abitudine fare un atto di amore ed una Comunione spirituale ogni volta che accostava alla bocca un acino.
Iddio solo conosce le anime e il capolavoro che va facendo in esse; noi abbiamo solo intravisto qualcosa e, dopo la sua dipartita, non c’è rimasto altro che piangerla, pregandola di intercederci l’aiuto da Dio per seguire i suoi luminosi esempi.

Sr. M. Romana della SS. Trinità